con Vicky Krieps / Arieh Worthalter
Regista
Nella sua lunga carriera di attore ha lavorato tra gli altri con Otar Iosseliani, Arnaud Desplechin, Olivier Assayas, Benoît Jacquot, Claude Miller, Stephen Spielberg, Sofia Coppola, Emmanuel Carrère, Alain Resnais, David Cronenberg, Roman Polanski, ottenendo tre César.
Debutta dietro la cinepresa nel 1997 con Mange ta soupe; Tournée (2010) vince il premio per la miglior regia a Cannes. Dopo Barbara (2017), Serre-moi fort è il suo ottavo lungometraggio.
Mathieu Amalric, Claudine Galéa
Drammatico
97'
Christophe Beaucarne
François Gedigier
Laurent Baude
Olivier Mauvezin, Martin Boissau
Les Films du Poisson
Gaumont
Movies Inspired
“Morire, dormire. Forse sognare”.
Risulta pressoché impossibile raccontare di un film che si costruisce fotogramma su fotogramma, sequenza dopo sequenza. Che cambia ad ogni scena, che sfugge alle aspettative. Un film intensamente voluto dal suo regista, Mathieu Amalric, che per realizzarlo ha adattato una pièce teatrale di Claudine Galea, sfidando ogni legge di montaggio, ribaltando i cliché narrativi.
Potremmo dire che Clarisse (Vicky Krieps) parte, una mattina, lasciando Marc e i due figli. Ha bisogno di aria, di mare, di avventura forse. Ma possiamo anche dire che qualcosa non quadra, fin da subito. Perché Serre-moi fort richiede attenzione, dedizione alla sua fotografia perfetta, ascolto dei suoi dialoghi sussurrati. Come in un poliziesco (genere con cui non ha niente a che vedere, beninteso), Amalric ci offre indizi, piccoli e preziosi, per ricomporre un mosaico fatto di presente e passato, realtà e finzione.
Potremmo meglio dire, allora, che si tratta di una storia d’amore, di un grande e sofferto amore. E che affidandoci alle note del piano, ad un accendino decorato, al ghiaccio che conserva i pesci (ma non solo) possiamo arrivare a capire molto, se non tutto. (VG)